o meglio... ne parla Aprilia
Dalla sezione Cafè Racing del sito Aprilia:
Un magico intreccio che conquista il ruolo di protagonista nei discorsi degli appassionati. Il materiale composito per eccellenza. Usi limiti e vantaggi.
Nera, tutta intrecciata. Ne parliamo sempre, ne leggiamo ovunque, è la fibra di carbonio il nero “tessuto” ormai definitivamente entrato a far parte del linguaggio comune dei motociclisti. Spesso si pensa a lei solo perché leggera, invece la fibra di carbonio è largamente utilizzata sulle moto soprattutto perché è decisamente più resistente dell’acciaio a parità di peso.
Naturalmente questo materiale composito non è nato sulle moto, le sue prime applicazioni sono state nel campo aerospaziale e aeronautico, campi decisamente all’avanguardia nel settore dei materiali speciali, dove leggerezza e resistenza devono essere ai massimi livelli. Da lì alle competizioni motoristiche il passo è stato breve: formula uno e motociclismo sfruttano da tempo le caratteristiche di questa fibra.
E ora sono molte le moto di serie come ad esempio la Aprilia RSV 1000 R o la nuova Tuono Racing a poter vantare numerosi particolari realizzati in questo materiale composito. Ma perché si chiama materiale composito? Il nome deriva da fatto che il carbonio è utilizzato come rinforzo di componenti epossidiche, che possono essere più di una e diverse fra loro. In pratica il materiale finale è composto da più di un componente e per questo si chiama materiale composito.
Ma ridurre la fibra di carbonio ad un mero componente estetico semplicemente più leggero è senz’altro una grande ingenuità. I progressi compiuti negli ultimi anni hanno permesso a questo materiale di conquistarsi grande spazio soprattutto nelle competizioni, dove questo materiale è largamente utilizzato non solo per elementi secondari (quali carenature e piccoli supporti per accessori), ma anche e soprattutto per particolari strutturali di primaria importanza come cerchi, forcelloni, freni, elementi tecnici dove la fibra di carbonio mette in mostra le sue notevoli qualità, sostituendo i metalli tradizionali. La relativa facilità di dare a questa fibra le forme più disparate è stata senz’altro un altro dei motivi della sua diffusione.
La stessa Aprilia l’ha utilizzata per realizzare i cerchi della sua RSW 250 e naturalmente per una moltitudine di altri particolari sulla RS3 (air box e relativi condotti, carenatura completa), e un classico esempio delle capacità tecnologiche della fibra di carbonio si ha nella realizzazione del codino portante che non necessita di telaio di supporto, un particolare di cui si cominciano a vedere anche i primi esempi nella produzione di serie, seppur limitata.
Un discorso a parte meritano i freni. Utilizzati esclusivamente nelle competizioni maggiori (sono esclusi dalla Superbike per contenere i costi) i freni in carbonio hanno capacità frenanti elevatissime per il grande coefficiente di attrito che questo materiale è in grado di sviluppare, con un limite però.
La temperatura di esercizio deve essere particolarmente elevata (si parla ci circa 400 °c) cosa che nei primi tempi del loro utilizzo obbligava i costruttori ad utilizzare dei carter protettivi che non ne permettessero il raffreddamento troppo repentino, pena una variazione evidente di rendimento con conseguente pericolo per il pilota che si trovava ad avere un freno dalle caratteristiche diverse ad ogni curva. I vantaggi dovuti alla loro leggerezza però sono molteplici per la drastica riduzione riduzione delle masse non sospese e dell’effetto giroscopico.
A sfavore dei dischi in carbonio gioca anche una delle caratteristiche tipiche di questo materiale.
Il carbonio è igroscopico cioè ha molta affinità con l’acqua che tende ad assorbire in quantità perdendo, nel caso dei dichi, le proprie qualità frenanti. È questo il motivo proncipale per cui quando piove le Moto Gp utilizzano normali dischi in ghisa. E proprio per questo probabilmente passerà un bel po’ di tempo prima di vedere un disco in carbonio su moto stradali, dove l’affidabilità e la costanza di comportamento devono essere indipendenti dalla velocità con cui procede il mezzo e soprattutto dalle condizioni meteorologiche. Ma quando si parla di ricerca e di progresso tecnologico non si può mai dire mai.
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